Beati gli operatori di pace

Il discorso di Gesù sulla montagna si fa sempre più esigente, man mano che procede, quasi a seguire idealmente l’andamento di un sentiero che si inerpica sempre più ripido e a strapiombo, verso la vetta più alta … In questo versetto incontriamo due concetti, così complessi e pesanti, da risultare tutt’altro che astratti. Gesù parla di “beatitudine”, ripetendo questo termine come un ritornello dall’inizio del brano, e di “pace”, e le due cose sembrano qui quasi compenetrarsi fino a esprimere, come in dissolvenza, l’unico anelito del cuore di ogni uomo.

Tutti vorremmo sentirci “beati”, tutti vorremmo vivere in pace. Non è forse vero che espressioni come “beato te!” e “lasciami in pace!” sono fra le prime frasi che abbiamo imparato a pronunciare? Eppure non c’è niente di più difficile da conquistare che queste due realtà del cuore. E anzi, possiamo dire che l’una porta con sé l’altra e non c’è l’una senza l’altra.

Pace e beatitudine sono cose da bambini … ma non da principianti. Per questo Gesù dice altrove: “Se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei cieli”. Per rivelarci che bambini non si nasce, ma si diventa, con un lungo processo di apprendistato: ecco il Vangelo, la buona novella!

Santa Chiara ha vissuto in questa prospettiva, ha compiuto questo percorso di semplificazione se, al termine della sua corsa terrena, poteva così parlare a se stessa: “Va’ sicura in pace, anima mia benedetta, perché Colui che ti ha creata, sempre ti ha guardata come una madre il suo figlio piccolino”. Ecco a quale libertà conduce la beatitudine dei pacifici.

La pace cristiana, però, non è assenza di conflitti, ma pienezza di Bene, amore in azione. Non un sentimento di consolante “serenità”, di impalpabile “armonia”, ma lotta continua contro il peccato, guerra strategica contro l’egoismo. La pace evangelica non si acquista mai a buon mercato, ma al prezzo di… “perdere”: spesso almeno la faccia, a volte perfino la vita.

S. Chiara questo lo aveva sperimentato di persona, se nella Regola al capitolo IX esorta le Sorelle che si trovassero in discordia a chiedersi perdono gettandosi umilmente ai piedi dell’altra, e a rispondere offrendolo generosamente.


Per costruire la pace bisogna innanzi tutto non fare la guerra.

Sembra una cosa ovvia, in realtà non lo è affatto: non farsi coinvolgere da un conflitto o non entrare in gioco quando si tratta di qualcosa che ci tocca, o – più difficile ancora – rinunciare a difendersi quando ci si sente offesi o in pericolo, non è mai una scelta naturale, ma presuppone una grande forza d’animo e una fede ben radicata nella promessa di Gesù. Chiara era una donna forte. E lo dimostra proprio così: dinnanzi ai soldati Saraceni che ormai hanno fatto irruzione dentro il chiostro di san Damiano e sono decisi a tutto, ella si prostra davanti all’Eucarestia, presenza reale del suo Signore, così che – come scrive il Celano: “l’audacia di quei cani, respinta, si acquieta e, superando quegli stessi muri sui quali erano saliti, se ne vanno in fretta, spinti dalla forza della sua preghiera”. Con le stesse armi, poi un’altra volta, questa grande tessitrice di orditi di pace, libera la stessa città di Assisi dall’assedio di Vitale di Aversa: “Andate – disse alle Sorelle – al Signore nostro, e chiedete con tutto il cuore la liberazione della città”. La pace infatti si costruisce in ginocchio.

Ma Francesco ci insegna che la pace è prima di tutto un “affare di cuore”.

Nelle sue Ammonizioni infatti ne parla ben due volte e sempre in relazione a quel “guazzabuglio” di manzoniana memoria che è messo a dura prova dagli eventi della vita. Per Francesco la pace nasce dalla capacità di sopportare le tribolazioni e le ingiustizie con pazienza ed umiltà. Chiara ha fatto di questo insegnamento un caposaldo della sua vita, infatti di lei il Celano può attestare che “durante 28 anni di sofferenze quotidiane non si udì un brontolio o una lamentela, ma dalla sua bocca uscì sempre una santa conversazione e il rendimento di grazie”.

Ecco in quattro mosse come Santa Chiara diventa direttrice dei lavori nei cantieri della pace.

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