Beata te Chiara

La beatitudine di coloro che sono nel pianto dice l’attesa dolente di chi vede ancora non realizzata l’opera di Dio. Non è beato, perciò, il pianto su se stessi, sul proprio io chiuso egoisticamente in sé, sui propri limiti, insuccessi, fallimenti.

Bene lo aveva compreso S. Chiara che scrive ad Agnese di Praga: “Se con Lui soffrirai, con Lui regnerai; se con Lui piangerai, con Lui godrai”. (Dalla 2 lettera).

E’ fondamentale il “con Lui”, ovvero il “partecipare alle sue sofferenze” come dice Paolo nella lettera ai Romani: “Se siamo figli siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo se veramente prendiamo parte alle sue sofferenze”(Rm. 8,17)

Nel caso della beatitudine degli afflitti a quale sofferenza di Gesù si tratta di partecipare?

Delle occasioni delle quali Gesù ha pianto possiamo individuare come rispondente a questa beatitudine il pianto su Gerusalemme: “Gerusalemme, Gerusalemme… quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli… e voi non avete voluto… non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”(Lc.19,41). E’ la sofferenza di Gesù di fronte alla non accoglienza del dono che è Lui stesso. Chiara è entrata costantemente in questo dolore e afflizione attraverso la sua compartecipazione, il suo portare sempre nella memoria la passione del Signore, la sua vita di “sentinella posta sulle mura di Gerusalemme per risvegliare il ricordo del Signore”. Chiara, attraverso la sua vita di preghiera e di restituzione di sé a Dio, ha risposto all’ invito del profeta, non si è data mai riposo né al Signore ha concesso riposo ricordandogli le Sue promesse finchè non abbia ristabilito Gerusalemme. (cfr. Is. 62,6). La partecipazione di Chiara è molto reale: di lei sappiamo che “dall’ora sesta a nona è presa da maggiore compunzione volendosi immolare con il Signore immolato” e che insegnava alle novizie a piangere la Passione di Cristo (FF 3214-15, Cel.30), ad averla sempre dinanzi agli occhi: questo perché dal Crocifisso si apprende la grande lezione dell’amore e non si finisce mai di scoprire quanto Dio ha fatto per noi. Guardare Cristo Crocifisso spinge all’imitazione: chi si sente amato desidera riamare con la stessa misura di amore e così per Chiara e le sue sorelle questo eccesso di carità si trasforma in una vita penetrata dal Vangelo, nella povertà e nella carità fraterna.

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